Onorevoli Colleghi! - Il sistema sportivo italiano rappresenta una anomalia rispetto al resto del mondo: siamo l'unico Paese in cui il Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), invece di essere deputato alla selezione e alla preparazione degli atleti da inviare alle Olimpiadi, gestisce l'intero sport nazionale.
Avere un CONI facente funzione di «Ministero» ha indirizzato lo sviluppo dello sport italiano a vantaggio quasi esclusivo di quello finalizzato alla selezione e alla prestazione di eccellenza, a scapito di qualsiasi altra forma di sport, da quello scolastico a quello amatoriale.
Il riconoscimento in Italia del diritto alla pratica sportiva come diritto di cittadinanza può trovare concreta e soddisfacente attuazione solo in una visione sistemica profondamente diversa dall'attuale. Vanno riconosciuti i ruoli e le competenze e attribuite risorse a una pluralità di soggetti che, pur agendo autonomamente, possono trovare momenti di raccordo e di sintesi.
Attualmente, in base alla normativa vigente (legge n. 426 del 1942, successivamente abrogata dal decreto legislativo n. 242 del 1999, come modificato dal decreto legislativo n. 15 del 2004) vi è un soggetto, il CONI, dotato di ingenti risorse finanziarie ed egemone sugli altri (scuola, enti locali, libero associazionismo) relegati a un ruolo marginale e sostanzialmente privi di risorse. Si è constatato come il sistema sportivo italiano, così congegnato, non sia emendabile e come ogni tentativo di adeguamento, senza andare alla radice dei problemi, rischi di essere peggiorativo. Allo stesso tempo, si verifica l'esistenza di forti spinte e propensioni a lasciare inalterato il sistema basato sulla centralità del CONI e delle Federazioni sportive nazionali.
Questo sistema deve essere, al contrario, radicalmente riformato per riconoscere e valorizzare la dimensione popolare